Oliviero Toscani, «Io non ho idee e diffido di chi ne ha. I figli? Sono sempre stato un padre onesto»
Postato il 01.12.2017 da write@toscani.com Commenti Commenti disabilitati su Oliviero Toscani, «Io non ho idee e diffido di chi ne ha. I figli? Sono sempre stato un padre onesto»Fotografo di fama internazionale ha firmato alcune tra le campagne pubblicitarie più famose di sempre. Dopo 17 anni è tornato a collaborare con Luciano Benetton con una nuova serie di scatti per lo storico marchio made in italy
di Maria Luisa Agnese
fonte: corriere.it
Guarda la foto, una classe super meticcia dell’Italia di oggi, scattata in una scuola del Giambellino, 28 bambini di 7 anni di 13 nazionalità diverse, e dice: «Tutta realtà. Quelli siamo noi: ecco, quello lì biondiccio in piedi con una mano sul tavolo è Luciano (Benetton) e l’altro quello di fianco con la bocca senza denti sono io». Ma perché sceglie uno senza denti? «Perché quando ero piccolo e mi erano caduti tutti, mi hanno detto: ma ti hanno sparato in bocca? E mi ha fatto molto ridere». Così con indomito spirito di esploratore Oliviero Toscani commenta la sua reunion con Luciano Benetton: dopo 17 anni di nuovo insieme a ripensare l’azienda di domani, in barba a ogni futile teorizzazione rottamatoria, due giovani vecchi che «ci provano a dare la sveglia a un’Italia sonnacchiosa, chiacchierona e che non si muove». L’imprenditore di genio che ha cominciato a lavorare a 14 anni e che adesso a 82 ricomincia e riprende in mano le sorti dei «maglioncini» che hanno fatto la fortuna dell’azienda di famiglia e l’artista fotografo, rabdomante della provocazione creativa, che ha fotografato la sguardo di Picasso vecchio e il sorriso di Mick Jagger giovane, bevuto vino francese con Fidel Castro, scoperto Monica Bellucci e Sharon Stone e che sarà protagonista fino al 4 febbraio di una mostra personale a Chiasso. Si erano incontrati nel 1982, sponsor un altro innovatore dello stile italiano come Elio Fiorucci e non si erano lasciati per 18 anni. Insieme hanno prodotto campagne pubblicitarie anomale e dure come un pugno nello stomaco che ancora popolano il nostro immaginario dopo trent’anni, dallo stesso Luciano Benetton nudo, alla suora che bacia il prete, alla mamma di colore che allatta il bimbo chiaro. «Questi ragazzi della scuola meticcia, che ho fotografato per la pre-campagna Benetton che esce in questi giorni, sono l’Italia di oggi, ci dicono dove siamo e dicono anche che avevamo ragione con quelle campagne di trent’anni fa a porre problemi che adesso sono fra noi».
Due grandi giovani
La prima volta che ho incontrato Luciano Benetton gli ho detto: «Facciamo la campagna più bella del mondo». Lui mi detto subito: ci sto. Quando parla Luciano mi ricorda molto Andy Warhol che ho conosciuto a New York e con il quale ho riso molto. Entrambi mi fanno venire in mente i cadetti dello spazio di Robert Heinlein, guidatori di astronavi che ti portano verso mondi inesplorati: hanno un’altra misura, uno sguardo diverso sulle cose». Per esempio? «Andy amava molto il panettone e mi chiedeva: ma perché lo mangiate solo a Natale, se è così buono? Pensi che idea di marketing sarebbe, questa sì». E Luciano? «Beh Luciano con tutti i problemi che ha in questo momento si preoccupa dell’integrazione e dice che è il problema dell’umanità, quello che crea inerzia. È un piacere fare le riunioni con lui. E poi ha ragione, noi siamo ancora qui a discutere dello ius soli ma questi bambini ci dicono come sarà l’Italia del futuro. Il problema è quello di educarli bene, ecco perché ho messo Pinocchio, che parla un linguaggio universale, meglio dell’inglese: dire Pinocchio è come dire mamma, tutti ti capiscono». Eppure nel Duemila lei se ne era andato dall’azienda e aveva salutato anche Luciano. «Sì, hanno detto che era a causa della campagna sui condannati a morte americani. Ma non è vero e il mio ritorno lo dimostra. Avevo annunciato prima che sarei andato, volevo fare altre cose, come era giusto, sono andato a fare un magazine nuovo, Talk, con una signora del giornalismo come Tina Brown per esempio, una bella esperienza».
Marketing, che errore
«Io non ho idee, diffido di chi ha idee. O peggio di chi sta a fissare il monitor del computer pensando che da lì venga fuori la Madonna come dalla grotta di Lourdes. Io sono un situazionista, parto dalla situazione. E per questa foto mi sono detto vai fuori e guarda, un po’ come se il direttore del CorriereAlbertini avesse detto a mio padre Fedele, che lavorava al giornale dagli anni Trenta come fotografo: Vai che c’è da fotografare una classe ormai quasi tutta di stranieri». Anche qui un ritorno al futuro, ai fondamentali del giornalismo («sogno un Corriere di carta a due milioni di copie»), nonché a papà Fedele autore dello scatto scoop di Wally Simpson ed Edoardo d’Inghilterra a Villa d’Este e della foto di Indro Montanelli chino sulla Lettera 22. Dopo la pre-campagna Benetton, ci sarà il lavoro sul prodotto, racconta Toscani, sui maglioncini che torneranno a splendere nei loro colori e sui negozi che non dovranno essere più a luci spente ma splendenti, si comincia con il negozio di Corso Vittorio Emanuele a Milano, riallestito come un set fotografico da Toscani. Poi a febbraio partirà la campagna vera, tutta sul prodotto, «per due stagioni purtroppo devo limitarmi al prodotto. Ma che gioia che rivincita sui soloni del marketing che come tanti avvoltoi si erano insediati nelle aziende e ognuno aveva portato i suoi, creando le filiere personali che si erano stratificate, paralizzando tutto. Oggi rivivono anche le signore Marie che non dormivano la notte perché le avevano emarginate e non avevano più niente da fare».
Famiglia molto allargata
A 75 anni il bilancio familiar privato di Oliviero sono due ex mogli, sei figli e 14 nipoti, più la compagna di vita Kirsti, modella norvegese che per lui ha lasciato i set fotografici, incontrata 41 anni fa e mai più lasciata, un vero record per uno che nei suoi primi trent’anni aveva bruciato molti record amorosi. «Devo riconoscere che sono un uomo privilegiato anche in questo. Come l’ho vista ho capito subito, vado a istinto, ascolto la mia voce che mi parla e dice che non devo aver paura di aver paura…». E con i figli come è andata? Oggi tutti i padri si interrogano, scrivono libri in cerca di strade. «Credo di essere stato un padre onesto, anche se non ci sono sempre stato, ero spesso in giro e non arrivavo certo a casa alle sei dall’ufficio. Con tutti, ma specialmente con le figlie, ho dato fiducia, cercando di lavorare sull’autostima, tu sei unico/a, comincia a sostenerti da te. Non come quei padri che hanno paura di tutto e proibiscono molto alle ragazze, forse perché sono un po’ puttanieri loro».