LA NAVE DOLCE, UN FILM PER IMPARARE A RISPETTARE I DIRITTI DI TUTTI
Postato il 24.07.2014 da write@toscani.com Commenti Commenti disabilitati su LA NAVE DOLCE, UN FILM PER IMPARARE A RISPETTARE I DIRITTI DI TUTTISabato scorso su Rai 5 è andato in onda il film documentario di Daniele Vicari, La nave dolce, con le musiche di Teho Teardo, che racconta la storia dello “sbarco” vero e proprio che fece l’8 Agosto del 1991 la nave Vlora nel porto di Bari con un carico di quasi ventimila albanesi scappati dal paese dopo il crollo del regime di Enver Hoxha.
Un episodio che molti non ricordano ma che per me che sono barese e che proprio in quei giorni ero tornata a Bari per la mia prima vacanza da “emigrata” a Milano, è stampato nella memoria come un episodio davvero epocale, che nessuno aveva previsto, né potuto immaginare, e che fu per questo gestito in maniera quasi grottesca se non fosse per il danno fatto a tante persone. Uno sbarco che sicuramente segnò l’inizio di un cambiamento fondamentale per l’Italia che si trovò per la prima volta credo nella sua storia ad essere un paese di accoglienza.
Io avevo già visto il documentario ma credo che sia doveroso riparlarne e segnalare il passaggio su Rai5 che andrà in varie repliche, perché in questo momento in cui ancora si parla di morti, di migranti, di persone che scappano da guerre e dalla fame, vedere questo splendido documentario che attraverso le immagini di repertorio racconta in maniera cronologica l’arrivo di questa nave carica in modo inverosimile di persone appese a grappoli dovunque con le dita con la vi di vittoria, che pensava di essere finalmente in salvo e in un paese che li avrebbe accolti, può essere fondamentale per capire meglio chi è capace di affrontare viaggi di questo genere per scappare dal proprio paese.
In quei giorni il caldo era impossibile e nessuno come del resto, racconta anche uno dei protagonisti del documentario, Nicola Montano, ispettore di Polizia, si aspettava un evento del genere . “Noi poliziotti guardavamo arrivare questa nave con tutta quella gente quasi inebetiti. Aggrappati dovunque, persino sui comignoli, e tutti sorridevano facendo il gesto della vittoria ma noi non capivamo che cosa avessero vinto .”
Il racconto segue attraverso le immagini e la splendida musica di Teho Teardo, questi uomini, donne e ragazzi, che si buttano in acqua , che riempiono man mano la banchina del porto, che nel tuffo dalla nave perdono pantaloni, vestiti, che non hanno niente. E man mano la banchina è completamente ricolma. Nessuno sa più cosa fare, le persone hanno sete, fame, caldo, cominciano a stare male, bambini per terra, polizia dovunque.
“Pensarci adesso mi fa venire ancora sete – dice nel film Kledi Kadiu ,che aveva sedici anni quando arrivò a bordo di quella nave con degli amici, e che oggi è diventato in Italia un famoso ballerino e coreografo. “Fui costretto a bere acqua di mare, acqua del porto che era anche sporca.”
Contro il parere dell’allora Sindaco Dalfino che voleva creare una tendopoli con la protezione civile, e per volere del Governo, i ventimila albanesi con l’inganno furono rinchiusi nello stadio, aggravando di certo la situazione igienica, fisica, mentale. Furono rinchiusi e senza neanche un medico, un presidio, e dagli elicotteri gli furono lanciati sacchi di cibo come delle bestie feroci in gabbia. Una cosa indescrivibile. Sempre con l’inganno furono quasi tutti rimpatriati tranne 2000 che riuscirono a fuggire e rimasero in Italia.
La forza, la disperazione, l’incapacità di accogliere, la violenza anche di quelle immagini mi colpisce ancora.
Allora non c’erano telefonini, smartphone e diavolerie moderne. Io con i miei amici non riuscimmo neanche ad arrivare vicino al porto, vedemmo gli elicotteri sullo stadio, cercammo di portare acqua e di accoglierne qualcuno nella sede Pci di Bari Vecchia vicino al porto ma erano nudi e la polizia li individuava subito e solo la sera attraverso qualche immagine del telegiornale potemmo renderci conto in minima parte di quello che era accaduto e dell’entità delle persone. Ma i telegiornali non erano abbondanti di immagini.
La prima volta che mi resi veramente conto dell’evento epocale, fu una volta tornata a Milano, quando in tram mi ritrovai di fronte alla foto di Oliviero Toscani per Benetton della Nave Vlora con tutto il carico di penzolante umanità a grandezza palazzo in pieno centro della moda. La gente era scioccata di fronte a quella visione e credo che qualunque possa essere il giudizio sull’uso che Oliviero Toscani e Benetton fecero delle foto di cronaca, arrivarono comunque a toccare gli animi di tutti.
La nave dolce, che prende il nome dal suo carico di zucchero, di Daniele Vicari ha lo stesso effetto , e oggi che di immigrati ce ne sono tanti e dove ancora si muore per raggiungere il nostro paese che forse nonostante tutto non ha ancora imparato bene ad accogliere e a gestire certe emergenze, vedere e rivedere questa splendida Nave Dolce può essere un aiuto per tutti, per cambiare opinione, per imparare a rispettare la dignità , i desideri delle persone, i diritti umani di noi tutti e per sperare in un mondo migliore.
Antonella Matranga